giovedì 22 novembre 2012

Giappone. Il massacro dei delfini a Taiji, ci ha rotto i coglioni.




Sino al 2003 questa caccia era sconosciuta fuori dal Giappone e solo una denuncia della Sea Shepherd Conservation Society la rivelò al mondo. Il governo giapponese, indignato, reagì posizionando sulla riva teloni e filo spinato per nascondere ciò che succede, posizionando cartelli per vietare la ripresa fotografica e filmata della mattanza e mettendo guardie a pattugliare la zona contro l'avvicinamento di chiunque volesse proteggere questi animali. 
Nel 2010, però, il documentario premio Oscar “The Cove” ha mostrato al mondo ciò che accade a Taiji e, chissà per quale motivo, è stato bandito in Giappone. Questo documentario, ideato dall’ex addestratore di delfini Ric O’Barry e diretto da Louie Psihoyos, è stato girato in segreto per cinque anni. Grazie ad appostamenti notturni, telecamere nascoste, elicotteri telecomandati e immersioni clandestine, “The Cove”, ha documentato per la prima volta l’atroce brutalità di questa mattanza e ci mostra quali sono le reali condizioni di vita dei delfini in cattività, di come queste meravigliose creature soffrano a vivere rinchiuse nelle piscine, destinate ad esibirsi per dilettare gli uomini ed i bambini.


I pescatori giapponesi si posizionano sulle rotte migratorie dei delfini. Una volta avvistati, immergono in acqua lunghi tubi d'acciaio che, percossi, producono un suono che interferisce con l'abilità di orientamento dei delfini. I pescatori, poi, li spingono verso un'ampia baia  che viene chiusa da spessi strati di rete. Per  evitare che fuggano, i pescatori infliggono gravi ferite ad alcuni esemplari: i delfini sono animali estremamente socievoli e non abbandonerebbero mai un membro della famiglia ferito o in difficoltà.
Questi delfini vengono lasciati per giorni nella baia. Il giorno della mattanza vengono spinti nell'acqua bassa vicino alla spiaggia e qui vengono brutalmente uccisi. I pescatori usano arpioni e uncini per colpire gli animali. Ogni esemplare impiega dai 6 ai 20 minuti per morire dissanguato o soffocato, mentre gli altri membri del branco nuotano freneticamente intorno ad esso urlando di dolore.
I corpi vengono poi portati in un centro di macellazione e la carne viene venduta in tutto il Paese, spesso spacciata per carne di balena. Il governo giapponese, però, tace sul fatto che questa carne sia inquinata da concentrazioni elevatissime di mercurio.



Il settore della caccia dei delfini dedito al consumo della loro carne, di per sé, non è molto remunerativo per i pescatori giapponesi. In realtà ciò che si nasconde dietro al massacro di Taiji, è l’industria della cattività dei delfini: è un settore miliardario, basti pensare che ogni delfino viene venduto a circa 150.000 dollari. 
Alcuni esemplari vengono scelti per essere venduti ai delfinari o agli acquari di tutto il mondo. I pescatori tendono a scegliere giovani madri per questo scopo: una volta individuate, le spingono verso la riva e fuori dall'acqua separandole dai piccoli, che poi vengono uccisi.



Quasi la metà dei delfini che vivono in cattività, però, muore nel giro di due anni, chi sopravvive, non vive più di 7 anni, mentre, gli esemplari che vivono in libertà, raggiungono anche i 45 anni di vita. La vita in ambienti asettici come i delfinari rende le loro difese immunitarie deboli e facilmente attaccabili. I delfinari, inoltre, non hanno alcun carattere scientifico e didattico ma danno una visione distorta della vita in cattività degli animali, facendoli apparire felici e giocosi, in realtà ciò che loro fanno è solo il riflesso di sfruttamento e torture perché, addestrati con il sistema della deprivazione alimentare, sono costretti ad eseguire correttamente gli ordini impartiti dall'addestratore. Le fantomatiche ricerche scientifiche condotte nei delfinari sono una copertura delle attività commerciali che sfruttano i delfini.
Il celebre biologo marino Jacques Cousteau diceva: “senza alcuna conoscenza delle malattie che avremmo potuto trasmettere loro li abbiamo costretti ad abituarsi a recinti piccoli ed angusti. Senza alcuna conoscenza della loro sensibilità ai suoni, abbiamo dato per scontato che si sarebbero abituati ad un ambiente chiuso, in muratura. Allora non ne sapevamo abbastanza. Oggi dopo 30 anni di esperienza di mammiferi marini in cattività, ne sappiamo molto di più. Tuttavia continuiamo a cacciarli, isolarli ed esibirli a fini di lucro. È ora che queste pratiche finiscano.



Nonostante le migliaia di lettere, email e proteste, il governo giapponese permette che questo orrore continui. Ora però, lo spazio della baia non è più recintato e protetto e, dal 2010, volontari di Sea Shepherd Conservation Society sono presenti a Taiji  per l’intera stagione per documentare ogni giorno di caccia attraverso immagini e racconti, per far sì che questo brutale massacro sia sempre sotto gli occhi dell’opinione pubblica, per far sì che venga definitivamente fermato il prima possibile.



Per assistere ad un vero spettacolo con i delfini, per poterli osservare mentre si divertono e nuotano in mare aperto, basta cerca su internet la parola “dolphin watching” e scoprirete una forma alternativa, più bella e sicuramente meno crudele di interagire con loro.

Ogni persona che assiste ad uno spettacolo di delfini finanzia con i propri soldi questo massacro.
La Redazione.
Video: Trailer "The cove".


Per ulteriori informazioni, per dire basta a questo massacro, visitate questi siti web: