venerdì 30 novembre 2012

Egitto. Mondo dei morti: Morire per ringiovanire.

"Egli sarà sepolto e si riunirà alla terra; il suo nome però sarà cancellato in terra, ma ci si ricorderà di lui per le sue virtù".
(L'oasita eloquente).




Una delle concezioni più originali elaborate dal pensiero religioso egiziano è certamente quella relativa alla morte.
Essa era percepita come una fondamentale cesura nel corso dell'esistenza, ma non era considerata come un annientamento definitivo e veniva intesa come un mutamento che aveva nel ringiovamento e nella rigenerazione le sue dinamiche fondamentali.
Tanto per le divinità quanto per gli uomini la caducità del creato sottoposto alla progressiva erosione del tempo era eludibile soltanto attraverso un processo costante di morte e rinascita.
Questo fattore implicava una concezione dell'esistenza caratterizzata da un rinnovamento continuo, come mostravano in modo pregnante la natura con i suoi cicli stagionali e il sole con l'alternanza dell'alba e del tramonto.
Il termine egiziano Kheper, traducibile come "divenire" e "trasformazione", indicava sia l'esistenza che la maturazione biologica di un individuo.
Era questo aspetto dinamico l'idea chiave del pensiero egiziano relativo alla morte: un filo rosso che univa la vita e la morte in unico percorso di trasformazione continua che aveva il suo compimento ultimo nell'assunzione dello spirito del defunto nei cicli immutabili della natura, come stella del firmamento o a bordo della barca solare di Ra, nel suo quotidiano viaggio attraverso il cielo.



Tomba di Inherkhau a Dier el Medina. XX dinastia

Il personaggio raffigurato ci avverte la legenda, è il disegnatore (in egiziano sesh kedut) Inherkhau.
E' verosimile che l'uccello Benu rappresenti uno dei principali prototipi del mito della Fenice ed è probabile che proprio l'immagine dell'airone in cima alla Collina Primordiale, chiamata anche "isola della fiamma", abbia fornito il materiale mitico in seguito confluito nelle leggende riguardanti la rinascita della fenice dalle proprie ceneri.
Con la designazione di "uccello Benu" gli egiziani indicavano l'airone azzurro (Ardea Cinerea) che fin dai tempi più antichi popolava le paludi del Delta.
L'immagine dell'animale con le zampe sul pelo dell'acqua deve aver indotto la mitopoietica egiziana a includerlo nel mito della creazione eliopolitana, come manifestazione del sole Ra che emerge dalle acque primordiali.
Durante il Nuovo Regno esso compare dunque all'interno del Libro dei Morti e in particolare nella vignetta relativa alla "formula per trasformarsi nell'uccello Benu, grazie alla quale il defunto sperava di potersi trasformare nell'uccello favoloso per volare nell'aldilà come spirito rinato.



Tomba di Ramesse I nella Valle dei Re, Tebe Ovest, camera funeraria J, parete nord, Atum-Ra trafigge Apopis, XIX dinastia.


Apopis è raffigurato mentre si avvolge su se stesso a formare 12 spire, le 12 ore notturne superati le quali, Atum-Ra risorge al mattino.
Quella rappresentata è una scena tratta dalla terza divisione del Libro delle Porte, nella quale viene narrata uno dei miti più importanti relativi all'idea egiziana della morte e dello scorrere del tempo: la quotidiana lotta tra Ra e Apopis.
Ciò che distingueva il mondo ordinato dal temutissimo Caos, di cui Apopis era personificazione, consisteva nel processo di continuo rinnovamento che si produceva in tutte le manifestazioni del Creato e che, al contrario, era completamente assente nella massa informe e immobile del Caos.
Il mito dello scontro tra Ra e Apopis adombra anche una contrapposizione tra i due concetti di tempo differenti, rispettivamente dinamico e statico: Ra infatti nasce e invecchia ogni giorno, per poter rinascere il mattino seguente, mentre Apopis viene distrutto tutte le notti da Ra, ma torna ogni volta alla sua forma originaria, perché espressione della durata immobile e immutabile del Caos.
Atum-Ra trafigge Apopis con una lancia.
Questa icona avrà una diffusione grandissima giungendo a essere, attraverso numerose interpolazioni, un prototipo dell'iconografia cristiana di "san Giorgio e il Drago".