domenica 28 ottobre 2012

Etruschi: Marineria e pirateria

"I popoli dell'Italia chiamarono uno dei due mari Etrusco, l'altro Adriatico da Adria, colonia degli Etruschi; e per la stessa ragione i Greci li chiamarono "Tirreno" e "Adriatico". ( Livio ).



 


Legata a un'antica vocazione nautica, la talassocrazia ( il dominio sui mari ) viene riconosciuta agli Etruschi sin dall'età del Ferro: lo storico siciliano Eforo informa che pirati tirreni infestavano le acque della Sicilia ancora prima della fondazione delle prime colonie greche.
Ma già nelle intenzioni di Eforo la definizione di "pirati" tradisce la volontà di mettere in cattiva luce la famigerata marineria etrusca anche per un periodo in cui l'attività "di corsa" rientra nei costumi di tutte le società aristocratiche ( quella etrusca come quella omerica ), confondendosi con le sfere dello scambio.
Se a simili scorrerie, più che a guerre organizzate, gli Etruschi devono l'espandersi della propria signora sul mare, l'altra è la situazione in età storica.
La rivalità con i Greci ( soprattutto quelli in Sicilia ) e la propaganda negativa che ne consegue, nascono dal condiviso interesse per un controllo delle rotte che garantisca ( a suon di reciproci attacchi ) migliori approdi e più ricche stazioni di scambio.
Un'aspra lotta che contrappone Etruschi e Greci d'Occidente ( con l'inserimento di Cartagine e Atene ) in scontri che definiscono le sfere di influenza.
Nel lasso di tempo compreso tra la battaglia del Mare Sardo e quella di Cuma, il raggio di navigazione etrusca si riduce nel basso Tirreno, ma si consolida verso nord, tra Populonia, lo scalo di Genova e l'area di Messalia.
La nuova situazione nell'ambito dello spazio mediterraneo conduce anche a spostare il fuoco degli scambi via mare verso l'Adriatico, attivando la nuova realtà politica dell'Etruria padana che prende le redini dei rapporti con Atene.






Aristonoto, cratere con scena di battaglia navale, da Cerveteri, metà VII secolo a.C., Roma, Musei Capitolini.


Il vaso, rinvenuto a Cerveteri, è stato eseguito e firmato da Aristonoto, un artigiano greco che lavora per la committenza cerite.
Le fonti iconografiche permettono di farsi un'idea della forma delle imbarcazioni, in questo momento navigli con scafo rotondo, prua aguzza e poppa alta e curva.
La presenza dello sperone, insidiosamente posto sotto la linea di galleggiamento prevede una tecnica di assalto che mira alla distruzione del nemico, più che alla sua cattura.
La scena del lato sinistro del vaso raffigura una battaglia navale: gli armati sono trasportati da imbarcazioni diverse, quella di sinistra con prua rostrata e rematori, quella di destra più grande e rotonda, forse una nave da carico.



Hydria a figure nere, 520-510 a.C., Toledo, Museum of Art


La pirateria è uno degli strumenti con cui gli Etruschi affermano la propria forte volontà di controllo delle rotte marittime, garantendosi i migliori scali e le stazioni di scambio più vantaggiose.
L'immagine della pirateria etrusca diviene esemplare anche a causa della lettura che ne forniscono le fonti greche, ovvero quella che si potrebbe definire la "propaganda della concorrenza".
In alto al vaso, gli autori classici, soprattutto quelli influenzati dalla storiografia sceliota, tramandano un'immagine dei pirati etruschi che include la crudeltà e il cannibalismo.
Al centro del vaso sotto il tritone che nuota sulla spalla, e richiama l'ambiente marino, la scena principale raffigura il momento della metamorfosi degli uomini delfino che si tuffano in mare.
Il tralcio di vite sulla sinistra allude alla presenza divina di Dionisio.



Elmo con dedica a Zeus dal santuario di Olimpia 474 a.C., Londra British Museum

Rinvenuto nel santuario panellenico di Olimpia, in Grecia, l'elmo reca un'iscrizione che recita: "Ierone figlio di Deinomenes e i Siracusani a Zeus, dal bottino fatto sugli Etruschi a Cuma".
Corsi in aiuto di Cuma, i Siracusani, che secondo lo storico Diodoro "umiliarono i Tirreni e liberarono i Cumani dai loro terrori", infliggono il colpo finale al predominio degli Etruschi sul basso Tirreno.
Il carattere"simbolico" dell'elmo spiega anche perché Ierone, signore di Siracusa, lo scelga come dono e ringraziamento a Zeus per la vittoria ottenuta sulle navi etrusche nella battaglia di Cuma.
Questa tipologia di elmo, estremamente diffusa e utilizzata nel mondo etrusco, giunge ad assumere quasi il carattere di un emblema nazionale, tanto da comparire anche sulle monete di alcune città.